Nel campo dei ponti lo scopo della Ricerca, tecnica e scientifica, che si svolge in ambito universitario, industriale e professionale, è semplice: migliorare la conoscenza, sviluppare nuove idee, al fine di costruire ponti sempre migliori utilizzando al meglio le risorse della collettività. Quindi ponti resistenti, attraenti, durevoli ed economici.

Negli ultimi decenni il mondo della costruzione in acciaio ha visto numerosi cambiamenti ed una importante evoluzione, ma i settori di possibile innovazione, certo numerosi, hanno tuttavia mostrato risultati differenziati, non omogenei, a volte straordinari, altre volte meno brillanti.

Proviamo ad esaminarli.

La qualità degli acciai da carpenteria è in realtà cambiata poco: sostanzialmente le medesime resistenze degli anni ‘60, resilienze migliorate moderatamente, resistenze alla corrosione senza grandi avanzamenti, fatta eccezione per alcune esperienze giapponesi sugli acciai patinabili con aumento del tenore di silicio, ottenendo un miglioramento della resistenza alla corrosione in atmosfera marina. Esistono recenti belle esperienze su nuovi acciai speciali con aumentato allungamento a rottura, quindi adatti all’uso in elementi dissipativi, o su acciai a memoria di forma, promettenti nel settore del recupero. Sono tuttavia entrambi, seppur molto interessanti ed utili, acciai di nicchia.

Nel campo dei calcestruzzi, sempre parte integrante dei ponti con struttura metallica, l’evoluzione della qualità e delle prestazioni è stata molto forte: resistenze anche superiori ai 100 MPa nei calcestruzzi UHPC, significative resistenze a trazione con l’aggiunta di fibre, minime porosità, ridotti ritiri e fortemente incrementata durabilità. È interessante notare che tanto migliore è la qualità dei calcestruzzi quanto migliore è l’integrazione con una struttura in acciaio: minori fessurazioni maggiori rigidezze, maggiore durabilità complessiva. La sempre maggiore integrazione tra acciaio e calcestruzzo rappresenta un forte avanzamento nelle tecniche costruttive di oggi.

Le tipologie strutturali nei recenti decenni non sono cambiate molto e non hanno visto radicali innovazioni, e tuttavia abbiamo assistito ad un importante sviluppo dei ponti strallati, declinati sia sulle grandi luci, ove si dimostrano una struttura di elevata efficienza, sia sulle medie e piccole luci, ove si rilevano spesso strutture attraenti, di elevata qualità formale, in grado spesso di qualificare e valorizzare le aree in cui vengono inseriti.   Interessante anche la riscoperta in chiave moderna dei ponti galleggianti, tra le prime tipologie di attraversamento.

I sistemi protettivi hanno visto, viceversa, l’introduzione ed una certa diffusione di materiali relativamente moderni quali le finiture ai fluorurati e gli zincanti a freddo, i quali possono fornire una vita utile del sistema protettivo anche di alcuni decenni, cosa molto positiva.

I metodi costruttivi, pur vedendo un aumento della diffusione dell’uso di carrelli semoventi per montaggi di macroelementi, non sono testimoni di grandi novità rispetto ai metodi tradizionali. E tuttavia abbiamo anche qui assistito ad uno sviluppo dei metodi tradizionali con nuove modalità e approcci: l’applicazione di metodi di montaggio dei grandi ponti sospesi anche a ponti sospesi di media luce, o il montaggio di antenne per rotazione nel piano verticale, o il montaggio di travate per rotazione nel piano orizzontale, o il varo longitudinale di interi ponti strallati…

Ed in effetti si riconosce che proprio da uno sviluppo ed un affinamento dei metodi esecutivi si possono ottenere le più significative economie costruttive.

I metodi di calcolo hanno certamente visto recentemente elementi di innovazione rendendo disponibili ed anche diffusi commercialmente algoritmi di analisi raffinate, che consentono di replicare con sempre maggiore precisione il comportamento meccanico delle strutture.

Anche la ricerca sperimentale e numerica ha migliorato la conoscenza del comportamento strutturale. La maggiore conoscenza, la sofisticazione dei calcoli, la potenza di elaborazione consentono certamente di utilizzare al meglio i materiali, e ci si potrebbe quindi attendere che questi nuovi strumenti e queste nuove conoscenze abbiano consentito una ottimizzazione delle strutture dei ponti, un miglioramento dei pesi ed una riduzione dei costi, in conformità agli scopi della Ricerca, come accennato in premessa.

Viceversa, analizzando i numeri indice di molti ponti recenti, registriamo purtroppo il contrario.

Per ponti su luci medie dell’ordine dei novanta metri, ad esempio, rileviamo che negli anni ‘70 i pesi unitari di carpenteria metallica erano dell’ordine di 2,5 kN/m², come testimoniano i viadotti sulla Sarine nel 1968 in Svizzera, sull’Entella a Sestri Levante nel 1970 o a Shengen sulla Mosella nel 2002, e tanti altri. Rileviamo tuttavia che oggi ponti di uguali dimensioni presentano incidenze dell’ordine dei 5 kN/m², come testimonia ad esempio il recente viadotto San Giorgio sul Polcevera a Genova. Ma anche su luci minori rileviamo che vengono recentemente messi in gara in Italia progetti definitivi o esecutivi, e quindi non modificabili nella quantità, di ponti con luci sui 40 m con incidenze da 2 a 3 kN/m², quando per le stesse luci le incidenze sono sempre state dell’ordine o inferiori ad 1,5 kN/m².

Sono forse le normative che hanno causato questi cambiamenti?

In realtà le normative di oggi, se nel campo del cemento armato richiedono effettivamente quantità di armature molto maggiori che nei decenni passati, per aumento dei copriferri e maggiore attenzione alla durabilità, nelle strutture in acciaio non richiedono reali aumenti di materiali. I carichi sono sostanzialmente gli stessi di ieri e analogamente i tassi di lavoro dei materiali sono uguali, se non superiori. Quindi anche oggi, con le normative di oggi, un buon progetto sviluppato con le necessarie competenze può portare ad incidenze ottimali, analoghe a quelle degli anni passati, e ci dobbiamo forse interrogare sulle ragioni per le quali l’ottimizzazione strutturale ed il parametro “costo” siano oggi così trascurate.

Sulle varie ragioni potremo tornare con maggior dettaglio in altra occasione, ma se ne possono ricordare per ora un paio, semplici.

Una prima consiste nell’influenza di aspetti formali, spesso arbitrari e di risultato estetico discutibile, che vengono tuttavia imposti a seguito dell’intervento di professionalità non ingegneristiche a prevaricare gli aspetti strutturali, che condizionano la statica negativamente e fanno crescere pesi e costi.

Una seconda corrisponde alla mancata attenzione per l’ottimizzazione strutturale, mancando una reale fase di concorrenza dei progetti, e soprattutto mancando dei riferimenti ai costi standard, che immediatamente rivelerebbero, se correttamente ricordati, pesi e costi oltre misura. Costi fuori taglia che si configurano alla fine come veri sprechi di risorse pubbliche che mal si conciliano ed anzi sono in sgradevole contrasto, sia con il grande sforzo che la Ricerca porta avanti per migliorare qualità e costi dei ponti, sia con le meravigliose risorse di calcolo e di potenziale affinamento dei progetti che oggi sono disponibili, e che forse non vengono sempre correttamente indirizzate.

La strada per sanare queste contraddizioni vede a mio avviso un recupero da parte delle Amministrazioni del concetto dei Costi Standard, della conoscenza dei numeri indice di corretta progettazione, di una maggiore valorizzazione del parametro di competenza nelle scelte dei progettisti e quindi dei progetti, e magari una riscoperta delle gare di progettazione e degli Appalti Concorso.

Il nostro lavoro di ingegneri, alla fine, consiste nel cercare di utilizzare al meglio le risorse della collettività, evitando o non partecipando a inutili sprechi che privano delle necessarie risorse le attività di utilità sociale, e realizzando opere certo efficienti, resistenti, attraenti e durevoli, ma che costino alla nostra collettività il giusto valore. Cosa certo oggi possibile considerando gli straordinari mezzi e strumenti che ci offre la tecnologia, ben più potenti di quelli dei decenni passati.

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