Il comparto si conferma anello strategico per la manifattura europea. Il presidente Ariotti: «La fonderia italiana è prima per crescita nell’area euro grazie alle esportazioni. La politica non ceda a tentazioni protezioniste e nazionaliste: siamo e dobbiamo rimanere europei»

Brescia, 22 giugno 2018 – Un comparto in salute, che archivia un 2017 positivo sia in termini di produzione sia di fatturato e che guarda al futuro con ottimismo, nella consapevolezza non solo di essere un settore fondamentale per l’industria manifatturiera italiana ed europea, ma anche di svolgere un ruolo chiave per il riciclo e il riuso di materiali che altrimenti finirebbero in discarica o dispersi nell’ambiente.

È questo, in sintesi, il quadro di riferimento in cui si muove l’industria di fonderia italiana, che si è riunita oggi in occasione dell’assemblea annuale di Assofond, l’Associazione Italiana Fonderie, svoltasi a Brescia negli stabilimenti IVECO.

«La produzione nel 2017 ha registrato volumi importantiha dichiarato il presidente Assofond Roberto Ariottie i primi mesi del 2018 sembrano confermare la tendenza positiva. La fonderia italiana nel 2017 è stata la prima per crescita nell’area euro grazie in particolare alle esportazioni, che pesano ormai per il 64% del nostro fatturato e dimostrano senza timore di smentita che il nostro settore rappresenta una delle eccellenze dell’export italiano».

Che l’industria fusoria italiana rappresenti un anello strategico per la manifattura europea risulta evidente proprio dalla crescita esponenziale dell’export: se le esportazioni della manifattura italiana complessivamente intesa sono cresciute del 12% fra il 2010 e il 2017, quelle dei prodotti di fonderia hanno avuto una performance decisamente più elevata, con un’espansione, in termini di volumi, superiore al +30%.

«I meccanismi di concorrenza e libero mercato durante gli anni della crisi hanno dato una spinta importante al nostro settore per migliorare costantementeprosegue Ariotti, che avverte: introdurre meccanismi protezionisti o pensare addirittura di mettere in discussione l’adesione all’euro significherebbe bloccare un percorso di crescita consolidato.

I nostri sono prodotti ad alto valore aggiunto, non commodity: esportiamo innanzitutto know-how e tecnologia che tutto il mondo ci invidia e che dobbiamo poter continuare a proporre sui mercati internazionali in un contesto di libero scambio garantito dalla forza dell’euro e del mercato unico europeo».

L’assemblea annuale di Assofond è stata anche occasione per presentare il primo rapporto di sostenibilità del comparto: un lavoro che ha scandagliato in profondità la realtà delle fonderie italiane, dal quale sono emerse evidenze non scontate circa il ruolo che queste imprese ricoprono nell’ambito di un’economia di tipo circolare, grazie anche all’impegno sempre più consistente per la riduzione dell’impatto ambientale delle attività di produzione.

«La sostenibilità non è un vezzo, o una moda: la crescita della popolazione mondiale impone a tutti di ripensare le nostre abitudini per non distruggere il pianeta. Il nostro settoreconclude Ariottida sempre mette in pratica un meccanismo di economia circolare molto avanzato: è grazie alle fonderie e alla loro tecnologia, infatti, che buona parte dei materiali metallici giunti a “fine vita” può essere riciclata e riutilizzata per realizzare nuovi prodotti. Con questo primo Rapporto di sostenibilità abbiamo deciso di iniziare a raccontare una realtà che non da oggi, ma da sempre, dà un contributo importante per sviluppare un sistema economico capace di rigenerarsi autonomamente risparmiando risorse, salvaguardando l’ambiente e garantendo un futuro sostenibile alle prossime generazioni».

 

Secondo i dati presenti nel Rapporto di Sostenibilità di Assofond, nel 2015 le fonderie hanno destinato a interventi di riduzione dell’impatto ambientale il 28,5% del totale degli investimenti realizzati: un dato nettamente superiore a quello fatto registrare dal settore manifatturiero nel suo complesso (2%) e anche da quello del settore siderurgico (4,1%).

Gli investimenti compiuti hanno permesso alle fonderie di sviluppare tecnologie in grado di accrescere l’utilizzo di materiali di recupero come materia prima per tutti i tipi di forno fusorio – per le fonderie con forni elettrici, in particolare, la percentuale di rottami utilizzata è passata dal 60% del 2003 al 75% del 2015 – mentre sono calate drasticamente le emissioni di polveri nell’atmosfera (-65% dal 2003) e la produzione di rifiuti per tonnellate di getti prodotti (-26,6% dal 2000 al 2015).

Emblematico, per illustrare la capacità di riuso delle fonderie, è il caso delle terre esauste: se a livello generale la loro produzione è calata del 37% dal 2000 al 2015, particolarmente significativo è il fatto che il 95% delle terre esauste prodotte in fonderia viene riutilizzato come materia prima, in sostituzione di sabbie e terre provenienti da attività estrattive, annullando praticamente il ricorso allo smaltimento in discarica.

L’utilizzo di sistemi sempre più efficienti, infine, ha permesso di ottenere importanti riduzioni anche nei consumi di acqua: il 95% delle acque prelevate, utilizzate per il raffreddamento degli impianti produttivi, è infatti riciclata all’interno di circuiti di recupero.

«La sostenibilità ambientale è un aspetto molto importante per le fonderie, ma non l’unico: anche gli altri due assi della sostenibilità – quello economico e quello sociale – raccontano molto del nostro settore. Siamo per lo più PMI familiari conclude Ariotti e questo ci garantisce due importanti vantaggi: riusciamo a sostenere da soli il nostro business con una buona capacità di autofinanziamento e siamo profondamente radicati nel territorio in cui vivono i nostri imprenditori. Questo significa che portiamo lavoro e sviluppo, garantendo posti di lavoro stabili: il 96% degli addetti di fonderia in Italia è assunto a tempo indeterminato, un dato ben più alto della media nazionale».

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