Renato Morganti, Alessandra Tosone, Matteo Abita, Danilo Di Donato
Dipartimento di Ingegneria Civile Edile-Architettura e Ambientale, Università degli Studi dell’Aquila

“Le opere metalliche più pittoresche sono certo i ponti sospesi […]; essi si adattano tanto alle costruzioni di modeste dimensioni quanto a quelle gigantesche e figurano bene così in aperta campagna come nell’interno della città”
Giuseppe Albenga [1]

Il contesto scientifico e produttivo francese esercita su quadri tecnici e professionali del Regno di Sardegna uno “straniero incanto”, a sancire l’indiscutibile influenza della Grande Nation sui territori ad essa più limitrofi. Emblematico a tal riguardo è il fatto che Piemonte e Liguria non vengano inclusi nei nuovi confini del Regno d’Italia istituito nel 1805, ma annessi direttamente all’Impero napoleonico. Neppure le voci che, dopo il Congresso di Vienna, si levano a Torino contro l’eredità giacobina paiono scalfire l’interesse e l’ammirazione per il progresso scientifico e tecnologico di matrice francese, apprezzato anche da gran parte delle istituzioni governative piemontesi. Questo interesse fa sì che la sperimentazione sui ponti sospesi a fili di ferro nel regno sabaudo trovi occasioni di progetto già a pochi anni di distanza dalle prime esperienze portate avanti dai fratelli Seguin e dal Generale Dufour in Francia e Svizzera. Tali episodi non si sostanziano però nell’effettiva realizzazione ed è necessario attendere circa tre lustri, alle soglie degli anni Quaranta, perché si proceda alla costruzione dei tre più significativi interventi, i ponti a La Caille, Casale e Torino, che risaltano nello scenario dell’ingegneria italiana dell’epoca per i primati strutturali che essi vantano quanto all’ampiezza delle luci.

I progetti di ponti sospesi di grande luce per l’ammodernamento della rete stradale del Regno di Sardegna
Nella prefazione alla versione italiana di uno dei libri di Claude–Louis Navier è riportato l’elenco dei ponti sospesi realizzati nella penisola fino al 1840 [2], ed è espresso un chiaro apprezzamento per il Regno di Sardegna che “sovra ogni altro d’Italia, si distinse per aver dato mano alla costruzione di ponti pensili”. La numerosità delle opere costruite nello Stato sabaudo – in ogni caso non paragonabile a quella dei vicini territori d’oltralpe – è frutto dell’intensa attività di ammodernamento della rete stradale, avviata a partire dal periodo napoleonico con la realizzazione di importanti infrastrutture e promossa con determinazione da Carlo Alberto nel corso degli anni Trenta. Sono due gli obiettivi perseguiti attraverso il miglioramento della rete viaria: assegnare a Torino un ruolo direzionale; potenziare i collegamenti internazionali con Francia, Svizzera e Germania, al fine di agevolare il traffico commerciale attraverso le strutture portuali genovesi e limitare, in tal maniera, l’importanza della linea triestina–austriaca per il passaggio di merci dal Mediterraneo al Nord–Europa [3].[…]

Leggi l’articolo completo su Costruzioni Metalliche n. 2/2023.

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