L’IMPORTANZA DEI DETTAGLI

Costruzioni Metalliche, n. 3/2018

Nell’editoriale del numero 1/2018 della nostra rivista, intitolato: “La progettazione tra passato e presente”, Michele Capè affermava: “La concezione del progetto e della forma architettonica dovrebbero partire dal dettaglio strutturale che non è un «dettaglio» nel senso comune di «poco importante» ma che è e deve rimanere il cardine del progetto”.

I dettagli strutturali sono sostanzialmente le connessioni non solo tra elementi strutturali in acciaio (trave con trave, trave con colonna, e così via), ma anche, per esempio, i collegamenti tra acciaio e vetro, che si trovano principalmente nei rivestimenti, nella “pelle” degli edifici.

I dettagli strutturali sono certamente importanti per una serie di ragioni che proviamo ad enumerare:

 

Ai dettagli strutturali, alle connessioni dunque, è dedicata gran parte di questo numero di Costruzioni Metalliche.

Dicevamo della bellezza dei dettagli che si esplica specialmente nell’accoppiamento acciaio-vetro.

A tal proposito Andrea Campioli ci parla del dettaglio costruttivo nel percorso evolutivo di oltre un secolo delle architetture acciaio e vetro, con riferimento specialmente a serre ed edifici per grandi esposizioni.

Giungendo ai giorni nostri, Samuela Durante illustra il sistema acciaio e vetro che costituisce il rivestimento della facciata della torre Generali di Zaha Hadid, a Milano, immagine suggestiva della nostra copertina

Una realizzazione economica delle connessioni, dicevamo pure, oltre che attraverso la scelta più opportuna del metodo costruttivo, passa anche, e forse soprattutto, attraverso una standardizzazione delle connessioni. Il problema è sempre stato sentito molto dagli inglesi che usano moltissimo (molto più di noi) l’acciaio nelle costruzioni. Se si vuole avere un’idea di come oltre Manica hanno standardizzato, ad esempio, le connessioni a taglio delle travi, si consulti il “green book” “Joints in steel construction: Simple Joints to Eurocode 3”, che è un manuale inglese pubblicato dallo SCI (Steel Construction Institute) e dalla BCSA (British Constructional Steelwork Association) nel 2011. Di esso, e delle principali pubblicazioni relative al calcolo delle connessioni, parliamo nella “Breve Bibliografia” che trovate nella rubrica Recensioni.

Le connessioni devono consentire il transito delle azioni interne degli elementi strutturali che confluiscono in essa. Come si fa a conoscere quali forze si applicano a ciascun componente di una connessione?

Difficilissimo rispondere a questa domanda. Una connessione è formata in genere da elementi tozzi (piatti di nodo, costole, irrigidenti, etc.), da elementi speciali quali bulloni e saldature, è dotata di giochi foro-bullone non noti a priori, può avere degli attriti tra le sue varie parti, può dar luogo a parziali plasticizzazioni. Tutto ciò impedisce di conoscere esattamente la distribuzione interna degli sforzi.

Ma è poi così importante conoscerla? Il teorema statico dell’analisi limite, come sappiamo, ci rassicura a riguardo, dicendoci che basta ipotizzare distribuzioni equilibrate di forze e trascurare la congruenza, e dimensionare per queste forze i vari componenti. Si otterrà così una connessione che è più sicura (cioè che porta un carico maggiore) di quella ottenuta tenendo conto non solo dell’equilibrio ma anche della congruenza delle varie parti. Con in tasca questa assicurazione che ci viene dal calcolo limite, possiamo allora sviluppare procedure di calcolo semplici e immediate per progettare i dettagli o per controllare i risultati di metodi progettuali più complessi. Ed è quello che si è sempre fatto nel campo del calcolo delle connessioni.

È quindi indifferente scegliere uno schema di distribuzione delle azioni all’interno di una connessione piuttosto che un altro, purché siano equilibrati? Certamente sì, però si possono individuare, tra gli schemi equilibrati, quelli che conducono alla realizzazione più economica di una connessione. Facciamo un esempio banale: la connessione a taglio di una trave a I o H che si connette ad una trave principale o a una colonna, realizzata mediante due angolari e una serie di bulloni. Per fare il calcolo delle azioni sui bulloni dobbiamo decidere dove poniamo la cerniera. Nel modello teorico di calcolo essa si trova all’intersezione dell’asse della trave portata con l’asse della trave principale o con l’asse della colonna, ma noi possiamo traslarne la posizione arbitrariamente facendola coincidere, ad esempio, con l’asse della bullonatura. Basta che siamo coerenti con l’ipotesi fatta, basta cioè che teniamo in conto i momenti di trasporto che possono crearsi. Che scelte si fanno allora comunemente? Se si tratta di connettere una trave secondaria ad una principale, in genere la cerniera la si posiziona sull’asse della principale. Così la bullonatura sarà aggravata sì da un momento di trasporto che potrà fare aumentare un po’ il numero dei bulloni, ma in compenso la trave principale non avrà alcun momento torcente, che si genererebbe se si ipotizzasse la cerniera in prossimità della bullonatura, e che la trave non riuscirebbe a sopportare in modo economico (introduzione di ritegni torsionali, adozione di una sezione di profilo cavo…).

Viceversa, se la trave secondaria la si connette ad una colonna, in genere la cerniera la si pone all’estradosso della flangia della colonna o addirittura all’asse della bullonatura: così si riduce il numero dei bulloni a patto di scaricare sulla colonna un momento di trasporto che flette la colonna ma che è in genere di modesta entità e non ne cambia il dimensionamento.  Quindi il criterio più opportuno di scelta tra varie soluzioni equilibrate è quello della soluzione più economica.

Un esempio di ciò lo trovate nell’articolo di Benedetto Cordova sul dimensionamento delle connessioni dei controventi. Scegliere una soluzione equilibrata piuttosto che un’altra, entrambe corrette, porta a un diverso piatto di connessione e a un diverso numero di bulloni che lo connettono alla trave e/o alla colonna, quindi a soluzioni di costo diverso. Il problema di trovare la soluzione meno costosa, trascurato nella letteratura tecnica europea, è stato invece affrontato dall’AISC, ed è proprio di questo che parla l’articolo.

A volte la variazione di qualche parametro di una di quelle connessioni per le quali esistono delle procedure di calcolo semplici e consolidate, può alterare la distribuzione degli sforzi, e pertanto occorre analizzare il problema con attenzione. È il caso dei nodi che connettono al colmo i traversi dei portali di un grosso capannone, progettato da Alberto Iacomussi e illustrato nell’articolo “Le infrastrutture per la costruzione di gigayachts a Livorno” apparso sul n. 6 / 2016 della nostra rivista. Si tratta della tipica connessione di continuità di una trave a I o H realizzata mediante coprigiunti bullonati su ali ed anima, qui impiegata nella meno solita disposizione in cui gli assi delle due travi da connettere formano un lieve angolo tra di loro (che serve per dare pendenza alla copertura).

Discutendo, infatti, il dettaglio illustrato nell’articolo citato, Carlo Urbano mostra come, con semplici calcoli manuali, si possano trovare gli sforzi aggiuntivi dovuti all’angolo tra i profili (flessione sui coprigiunti delle ali). In risposta, Emanuele Chionetti mostra come il dimensionamento del nodo sia stato effettuato con un sofisticato modello ad elementi finiti, proprio per tener conto di tutti i fenomeni legati alla disposizione “non-ortodossa”. Con questo doppio intervento si inaugura una nuova rubrica dal titolo “Discussione” che ci auguriamo diventi molto frequentata, segno di vera attenzione agli articoli pubblicati.

Le connessioni quindi, quando le geometrie sono particolarmente complesse e in letteratura non si trovano procedure semplici di calcolo, possono essere affrontate con l’implementazione di modelli ad elementi finiti. A tal proposito vi invitiamo a leggere l’articolo di Matteo Lusso.

Sebastiano Floridia ci parla poi di un altro importante tema: la verifica delle connessioni in acciaio in ambiente BIM, impiegando un modello integrato strutturale ed architettonico, e seguendo poi i normali metodi di dimensionamento e verifica tipici di ogni tipologia di connessione.

Cogliamo l’occasione per sottolineare come Costruzioni Metalliche ospiti da qualche numero, un articolo che riguarda questa nuova “tecnologia” di grande importanza che è appunto il BIM.

Ma torniamo ai nostri metodi di calcolo semplici per le connessioni. Troppo semplici, pensa Paolo Rugarli, perché la semplicità costringe a “sfrondare” le connessioni eliminando diverse componenti di sforzo giudicate secondarie e trascurando elementi strutturali confluenti nel nodo ma giudicati anch’essi secondari. Il rischio paventato è che, se sbagliamo a valutare ciò che è secondario e ciò che non lo è, potremmo giungere a dimensionamenti errati ed a sfavore di sicurezza. Rugarli, intervistato da CM in occasione dell’uscita del suo nuovo libro: “Steel Connection Analysis”, illustra un nuovo metodo generale per il calcolo delle connessioni, da lui messo a punto non solo negli aspetti teorici ma anche nella pratica applicazione attraverso un apposito software, che tiene in conto in modo automatico ed esaustivo tutto ciò che le procedure semplificate devono (necessariamente) trascurare.

Se si va nel campo delle strutture dissipative soggette ad azione sismica, quanto detto sulle connessioni sino ad ora non basta più e bisogna aggiungere altre considerazioni. Nei telai a momento dissipativi, le connessioni a momento trave-colonna devono essere sufficientemente robuste da consentire la formazione di cerniere plastiche alle estremità delle travi, ma anche essere in grado di non perdere resistenza, o perderne solo una piccola parte (ammettendo cioè limitate plasticizzazioni) in presenza delle notevoli rotazioni dei nodi che si hanno durante un forte sisma. Non ci sono procedure di calcolo così affidabili da garantirci la verifica del raggiungimento di questi obiettivi: la soluzione migliore è la sperimentazione, che conduce alla definizione di connessioni prequalificate, che rispondono ai requisiti richiesti, e che i progettisti possono adottare facilmente e con sicurezza dei risultati. Ciò è stato realizzato negli Stati Uniti (vedi le norme AISC 358) ed è in avanzato stato di implementazione anche in Europa, con il progetto EQUALJOINTS. Di esso ha parlato Raffaele Landolfo in un importante articolo apparso sul numero 4/2017 di Costruzioni Metalliche.

Ma la formazione di cerniere plastiche nei telai a momento in seguito al sisma, ha il notevole inconveniente di rendere difficilmente riutilizzabile e riparabile la struttura in acciaio. Perciò la ricerca si sta orientando anche verso le smart connection (collegamenti intelligenti), collegamenti trave-colonna dotati di smorzatori sismici. Tali smorzatori forniscono la dissipazione dell’energia sismica in ingresso e, quindi, praticamente sostituiscono le zone dissipative dei tradizionali telai, cioè le estremità delle travi. Tali dissipatori non solo sono in grado di fornire cicli di isteresi ampi e stabili, ma possono anche essere facilmente sostituiti dopo eventi sismici distruttivi. Ne parla diffusamente in questo numero Vincenzo Piluso. Le smart connection possono essere accoppiate anche a dispositivi di auto-centraggio della struttura, che consente di evitare i fuori-piombo che si hanno dopo i sismi.

Ultimo contributo in questo numero di Costruzioni Metalliche al tema delle connessioni è un articolo redazionale che illustra i bulloni “ciechi”, da usare in connessioni dove non si riesce ad accedere dalla parte del dado per il serraggio, cioè sostanzialmente nella realizzazione di connessioni di travi ad I o H con colonne realizzate invece con profili tubolari.

Segnaliamo ancora un tema che stiamo trattando sistematicamente da qualche numero a questa parte: si tratta degli articoli dedicati all’importante argomento Acciaio e Fuoco. In questo numero trovate a tal proposito un articolo di Francesco Lo Monte e Roberto Felicetti che si riallaccia ad un precedente intervento apparso sul numero 5/2017.

Buona lettura!

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