Marina D’Antimo
Steligence – ArcelorMittal Global R&D
C’è un “filo” d’acciaio che lega il passato e il futuro delle costruzioni in Europa. Un filo resilente e mutevole nella forma ma non nelle caratteristiche, fatto di un materiale antico, circolare per natura, sostenibile per ambizione, che oggi si trova al centro della più grande trasformazione industriale del nostro tempo: la decarbonizzazione.
Oltre metà dell’acciaio prodotto nel mondo, circa due miliardi di tonnellate all’anno (fonte Eurofer), finisce nelle costruzioni: ponti, edifici, infrastrutture, ma anche turbine eoliche e sistemi per l’idrogeno. Senza acciaio, la tanto rincorsa transizione energetica semplicemente non potrebbe esistere, non esisterebbero le infrastrutture di oggi e non potrebbero esistere quelle future. Eppure, la produzione di questo materiale indispensabile è anche una delle più grandi sfide climatiche dell’industria europea e mondiale.
Oggi coesistono due grandi “rotte” produttive: la produzione primaria (Blast Furnace followed by Basic Oxygen Furnace, BF-BOF), che parte dal minerale di ferro e rappresenta ancora oltre il 70% della produzione globale; e la produzione secondaria (Electric Arc Furnace, EAF), basata sul riciclo del rottame e più bassa in termini di emissioni. Ma nonostante un tasso di riciclo superiore al 95%, secondo le previsioni la domanda di acciaio non può essere soddisfatta interamente dal rottame presente, per cui il futuro dell’acciaio non sarà solo “riciclato”, ma “reinventato”. Le acciaierie europee stanno investendo in tecnologie rivoluzionarie: riduzione diretta del ferro (DRI) con idrogeno ottenuto da fonti rinnovabili, cattura e riutilizzo della CO2 (CCU), elettrificazione dei processi con energia rinnovabile ed elettrolisi diretta, per citarne alcune.
Il risultato sarà un “Low Emission Steel”, acciaio a basse emissioni, misurabile, verificabile e competitivo, che nella sua versione 1.0 è già sul mercato da diversi anni, con una riduzione di CO2eq a tonnellata fino a circa -80% rispetto alla produzione tradizionale. Questo è solo l’inizio di un lungo e complesso percorso che ci porterà, sfruttando varie tecnologie disponibili e quelle che lo saranno, all’acciaio del futuro. Una nuova categoria industriale che necessita di un nuovo approccio alla progettazione e alla costruzione.
l futuro dell’acciaio, e più nello specifico delle costruzioni in acciaio, non si gioca solo negli altoforni e negli studi di progettazione, ma anche sui tavoli normativi europei e nazionali. Tra il 2024 e il 2025 la commissione europea ha pubblicato due regolamenti e una direttiva europea che modelleranno il futuro dell’Europa nelle prossime decadi.
L’Europa sta ridisegnando la mappa del costruire sostenibile. Il nuovo CPR, Regolamento dei prodotti da costruzione (o Construction Products Regulation), cambierà profondamente il modo in cui i materiali da costruzione circolano nel mercato unico. Non si tratta solo di aggiornare norme tecniche, ma di riscrivere il linguaggio stesso della sostenibilità: indicatori ambientali armonizzati, dati digitali, tracciabilità lungo l’intera catena del valore. Ogni prodotto dovrà raccontare la propria storia, dalle materie prime fino alla dismissione, attraverso parametri comuni e verificabili. Tutto questo non solo per le costruzioni, perché, l’Ecodesign for Sustainable Products Regulation (ESPR) allargherà questa rivoluzione a tutto il mondo industriale. Il principio è semplice: progettare ogni oggetto, anche strutturale, per durare di più, consumare meno risorse e poter rinascere. Cuore della nuova normativa è il Passaporto Digitale di Prodotto, una sorta di carta d’identità elettronica che accompagnerà ogni componente lungo la sua vita utile,garantendo trasparenza, tracciabilità e informazione accessibile. Infine, la Energy Performance of Buildings Directive (EPBD) chiuderà il cerchio. Gli edifici a emissioni zero non potranno più limitarsi a consumare meno energia: dovranno nascere da materiali a basso contenuto di carbonio, tracciabili e riciclabili, e verranno introdotte nei vari paesi soglie massime di CO2eq per i nuovi edifici. In parallelo, iniziative come il Recyclability Act e il Critical Raw Materials Act spingono verso un’economia che premia chi rigenera risorse, chi riduce gli sprechi e chi, come l’acciaio, è già pronto a essere protagonista di un ciclo virtuoso e infinito. Per il mondo delle costruzioni in acciaio, questa trasformazione normativa non rappresenta un ulteriore vincolo, ma un’occasione di evoluzione, le sfide più complesse hanno spesso aperto la strada alle innovazioni più significative.
La grande sfida non sarà solo quella industriale, nel garantire un acciaio prodotto con metodi piu sostenibili, ma sarà cambiare l’approccio al costruito. Non più costruire per il fine vita, ma costruire oltre il fine vita, con edifici flessibili, facilmente smontabili e riconvertibili, che generano risorsa circolare e non rifiuti, efficienti dal punto di vista energetico e delle risorse primarie. Significa progettare edifici secondo principi di “life cycle assesment” (o LCA), pensare alle strutture come sistemi modulari, smontabili, e tracciabili digitalmente. Significa passare da una logica del “consumo” a una del “riuso strutturale”. E questo è qualcosa che possiamo già fare, indipendentemente dal processo di decarbonizzazione dell’industria dei materiali. Perché costruire più efficientemente e utilizzando meno risorse è già la soluzione che abbiamo disponibile per ridurre le nostre emissioni. L’acciaio, in questo intricato scenario, diventa il materiale ideale per incarnare questa nuova cultura del costruire, grazie alla sua infinita riciclabilità senza perdita di prestazioni. In un futuro non lontano, ogni trave, lamiera o pannello potrà essere accompagnato da un passaporto digitale, che ne certificherà origine, composizione, prestazioni meccaniche, contenuto di carbonio, possibilità di riutilizzo e molto altro.
Secondo le ultime stime l’industria siderurgica europea investirà oltre 30 miliardi di euro entro il 2030 per ridurre le emissioni del 55%, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. È un piano di trasformazione epocale, probabilmente anche troppo ambizioso, che richiede politiche energetiche coerenti, accesso competitivo all’elettricità “verde”, infrastrutture per l’idrogeno e molto altro. Ma è anche un segnale forte: bisogna reinventare l’industria europea, rendendola pilastro della transizione ecologica.
L’acciaio è un materiale semplice, ma la sua storia è complessa. Ha costruito le città, i grattacieli e le infrastrutture del Novecento e costruirà le metropoli sostenibili dei secoli a venire. Non esiste materiale più coerente con l’idea di economia circolare: ogni tonnellata può rinascere infinite volte, senza perdere qualità né memoria. È il materiale che ha plasmato la storia e ne conserva la memoria, rimodellandosi all’infinito e costruendo le basi del nostro futuro.
La sfida della decarbonizzazione non è solo tecnica, è un nuovo patto tra industria, progettazione e società, patto su cui grava una responsabilità enorme: limitare l’impronta che stiamo lasciando nel mondo con l’attività antropica, provando a preservare il futuro delle generazioni future. Un patto in cui l’acciaio europeo può, e deve, essere protagonista, ponte tra l’ingegneria del passato e l’architettura del futuro; il “filo” che unisce e non divide l’avanzamento tecnologico, indispensabile all’evoluzione di una società, e la sostenibilità indispensabile per garantire che ci sarà ancora un futuro.