Home Forum Discussioni Generali WEBINAR: LA FATICA NELLE STRUTTURE IN ACCIAIO – 19 e 20 ottobre 2023

  • Questo topic ha 15 risposte, 2 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 5 mesi, 4 settimane fa da Michele Galloni.
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    • #15870 Rispondi | Quote
      b.cordova@ctanet.it
      Amministratore del forum

        I WEBINAR NON FINISCONO MAI!

        Coloro che hanno seguito il webinar in oggetto possono porre qui domande e richieste di chiarimenti ai Relatori. Grazie!

      • #15907 Rispondi | Quote
        RUGGERO CERVELLINI

          Buonasera,
          ragionando sulla prima lezione, avrei una richiesta.
          In questi giorni mi sto occupando di passerelle pedonali sensibili agli effetti dinamici indotti dal camminamento. Per le verifiche di comfort allo SLS la nostra normativa, come pure gli Eurocodici, non fornisce indicazioni utili; vi sono per fortuna modelli di carico appropriati da considerare (Baumann, Setra, BS, ecc…). Rilevo una similitudine fra questi effetti e quelli aeroelastici indotti ad esempio dal vento sulle ciminiere o sugli impalcati dei ponti di grande luce. Quelli citati sono però carichi per il calcolo (convenzionale o di simulazione a seconda dell’approccio che si adotta) di accelerazioni, spostamenti e velocità; dovrei quindi ‘inventarmi’ qualcosa per la fatica. Le forze possono essere calcolate con riferimento al carico di 5 KN/m², ma nel caso in cui le variazioni tensionali indotte dagli effetti dinamici fossero non trascurabili (e secondo me non lo sono se si considera la vita della struttura), avete qualche riferimento valido o documento utile per orientarmi? Grazie.
          Ruggero Cervellini

        • #15908 Rispondi | Quote
          Galloni Michele
          Partecipante

            Buongiorno, la prima lezione è stat molto interessante.
            Ieri sono intervenuto e volevo chiarie ulteriormente il mio intervento su due punti.
            Tensione nelle saldature: perché EC3 1- 8 (Collegamenti) prevede per le verifiche delle saldature due metodi, il metodo direzionale in cui si considera la sezione di gola nella sua effettiva posizione (dominio ellissoidico) e quello semplificato in cui si valuta la tensione per unità di lunghezza (dominio sferico), mentre per la verifica di fatica EC3 1- 9 (Fatica) considera in pratica il metodo della sezione di gola in posizione ribaltata (sfera mozza) figura 5.1. Facendo parte dello stesso corpo normativo mi pare una contraddizione, nel senso si dovrebbero fare due calcoli differenti uno per verifiche di resistenza usando i primi due metodi e uno per la verifica di fatica…
            Presumo perchè per EC3-1-8 si considerano sollecitazioni per stati limite con coefficienti amplificativi dei carichi, e quindi permette con i suoi due metodi di dimensionare i cordoni con dimensioni meno restrittive ( a fronte di carichi amplificati) rispetto al caso delle verifiche di fatica in cui si hanno azioni di progetto non aumentate da coefficneti amplificativi. Chiedevo se è corretta tale interpretazione.
            Grazie
            Michele Galloni

            • #16066 Rispondi | Quote
              b.cordova@ctanet.it
              Amministratore del forum

                RISPOSTA A DOMANDA #15908 – ING. MICHELE GALLONI

                Purtroppo non è semplice rispondere al quesito proposto, perché non sono disponibili a tutti i documenti di background dei due gruppi che hanno sviluppato i due Eurocodici in oggetto, EC3-1-8 ed EC3-1-9 e nei quali si sarebbe probabilmente potuto trovare una risposta definitiva. Quella che riportiamo qui sotto è la migliore spiegazione derivata dai pareri di esperti della materia che abbiamo contattato.

                La causa principale della differenza tra i criteri proposti per “fillet welds” in EC3-1-8 e in EC3-1-9 è legata alla necessità di considerare adeguatamente l’influenza della direzione delle tensioni agenti sulla resistenza a fatica della saldatura, in particolare per difetti di fatica che possono avere origine dalla radice (“root”) del cordone. A tale proposito, infatti, è possibile osservare che la saldatura a cordone d’angolo è più vulnerabile nei confronti di variazioni di tensione (normali e/o tangenziali) ortogonali all’asse longitudinale della saldatura ed è meno vulnerabile nei confronti di tensioni tangenziali parallele all’asse longitudinale della saldatura, come è possibile dedurre dalle prescrizioni in EC3-1-9:

                • nel paragrafo 5, in cui si indica come calcolare la variazione di tensione, viene introdotta la differenziazione tra le due direzioni, specificando che sono in generale necessarie due verifiche separate;

                • nei prospetti allegati al par. 8 si indica la categoria di dettaglio da utilizzare per le due direzioni (categoria di dettaglio 36 per tensioni normali, nel caso di direzione perpendicolare; categoria di dettaglio 80 per tensioni tangenziali, nel caso di direzione parallela).

                La verifica in EC3-1-8 è, invece, una verifica di resistenza nei confronti del collasso plastico della saldatura, in cui la direzione delle tensioni agenti (perpendicolare vs. parallela all’asse longitudinale) ha un’influenza minore, per quanto non del tutto trascurabile.

                In particolare, se si utilizza il metodo semplificato e cautelativo indicato nel paragrafo 4.5.3.3, la direzione delle tensioni agenti non ha, di fatto, alcuna influenza.

              • #16088 Rispondi | Quote
                Michele Galloni

                  Grazie per la risposta.
                  Michele Galloni

              • #15909 Rispondi | Quote
                Galloni Michele
                Partecipante

                  Buongiorno, volevo una spiegazione su dettagli indicati nella EC3-1-9.
                  In generale tutte le curve di dettaglio riportate in EC3 sono relative a una durata pari a 2×10^6 cicli per tale escursione di tensione di dettaglio
                  Essendo ricavate da prove sperimentali su tali dettagli queste ovviamente già hanno nel loro valore già insite le caratteristiche della conformazione geometrica e quindi del relativo effetto intaglio. Quindi se si esegue un calcolo con le tensioni nominali (tensioni determinate da calcolo teorico) è sufficiente, una volta ricavato la variazione di tensione, e individuato il dettaglio costruttivo, entrare nella curva e stabilirne la durata. Non è in pratica necessario utilizzare quella che la norma definisce come tensione nominale modificata, che altro non è che la tensione nominale moltiplicata per un coefficiente di intaglio K, detto in EC3 CFC (coeff. di concentrazione delle tensioni), SCF (stress concentration factor).
                  EC 3 cita infatti al punto 5.3:
                  3) Nominal stresses should be calculated at the site of potential fatigue initiation. Effects producing stress concentrations at details other than those included in Table 8.1 to Table 8.10 should be accounted for by using a stress concentration factor (SCF) according to 6.3 to give a modified nominal stress.
                  La traduzione di EC3 in italiano porta ad una interpretazione errata, infatti è:
                  “Si raccomanda che gli effetti che producono concentrazioni sforzo nei particolari costruttivi oltre a a quelli inclusi nei prospetti siano considerati utilizzando un coefficiente di concentrazione delle tensioni (CFC) in modo da ottenere una tensione nominale modificata..”
                  laddove “other than” che significa “diversi da” (o ad accezione di) è tradotto con “oltre a”.
                  Per farla breve chiedo per esempio perchè per il dettaglio Giunto a croce a T , dettaglio 36*, è nelle indicazioni a latere del dettaglio indicato di considerare la tensione nominale modificata, quindi con un fattore di concentrazione dlle tensioni. Secondo me appunto si è in contraddizione col principio iniziale, per esempio nel particolare di dettaglio 36MPa, tale valore è stato determinato proprio perchè la sua configurazione geometrica e quindi il suo intaglio lo portano a durare 2Milioni di cicli con tale escursione di tensione. Quindi se eseguo un calcolo teorico manuale per tale dettaglio non capisco perchè poi dovrei aggiungere alle tensioni nominali calcolate un ulteriore k per ottenere le tensioni modificate.
                  La mia considerazione trova conferma nel testo edito da ECCS, Fatigue Design of Steel and Composite Structure, che negli esempi che riporta utilizza tensioni nominali per dettagli riconducibili a quelli dei prospetti senza utilizzare fattori di concentrazione delle tensioni.
                  Grazie e scusate la prolissità ma cercavo di essere il più chiaro possibile.
                  Michele Galloni

                  • #15983 Rispondi | Quote
                    b.cordova@ctanet.it
                    Amministratore del forum

                      RISPOSTA A DOMANDA #15909 – ING. MICHELE GALLONI

                      Risponde il dott. Pietro Foti

                      In merito al commento del collega, come viene giustamente sottolineato, tutti gli effetti di intensificazione delle tensioni dovute alla saldatura o comunque alla macrogeometria dei dettagli listati sono già considerati nel definire la classe di resistenza dei dettagli.

                      Nel caso del dettaglio 2 di Tabella 8.5, va notato che si fa riferimento a pannelli flessibili. In tal caso la normativa suggerisce appunto di considerare:
                      • per la classe di resistenza a fatica del dettaglio, i valori del dettaglio 1 della stessa tabella 8.5;
                      • per la determinazione delle tensioni, tramite le quali effettuare la verifica, l’approccio delle tensioni nominali modificate.

                      L’uso delle tensioni nominali modificate, in tal caso, è quindi da attribuirsi proprio ai pannelli flessibili.

                      Giusto per fare un esempio esplicativo, possiamo avere una situazione simile sia a quella del dettaglio 1) che del 2) andando a saldare due travi a doppio T su una colonna anch’essa a doppio T, alla quale le travi trasmettono momento:

                      • Se prevediamo per tale dettaglio delle piastre di continuità, possiamo considerare il tutto come riferibile al dettaglio 1) senza dover ricorrere alle tensioni nominali modificate;
                      • Se invece non prevediamo delle piastre di continuità, ovviamente avremo un andamento delle tensioni differente dal caso precedente. Tale andamento diverso viene appunto tenuto in conto tramite le tensioni nominali modificate.

                      Abbiamo derivato tale spiegazione anche facendo riferimento alla nuova versione dell’Eurocodice che riporta qualche nota in più relativamente al dettaglio 1) e 2) di tabella 8.5 dell’eurocodice attualmente in vigore.

                  • #15910 Rispondi | Quote
                    Roberto Castelluccio

                      Buonasera,
                      vorrei un chiarimento riguardo l’esempio della ciminiera: è stato preso in considerazione il primo modo di vibrare e sono state fatte verifiche nelle sezioni più prossime alla base (deformata a mensola). E’ stato fatto un cenno a come il 2nd modo possa influire sulle verifiche dei collegamenti superiori (deformata ad S tipica dell’oscillatore semplice, immagino).

                      Vorrei porre, in generale, il problema dell’esperienza necessaria per individuare a priori i dettagli da sottoporre a verifica a fatica. Nel caso specifico della ciminiera può aiutare la valutazione delle masse partecipanti?

                      Grazie

                    • #15914 Rispondi | Quote
                      Maurizio Sessa

                        Buongiorno,
                        mi chiedevo per un ponte esistente quale sia il metodo migliore per determinare la vita residua a fatica dello stesso.
                        Mi chiedevo inoltre una volta stimata la vita residua a fatica del ponte, superato in termini temporali il periodo così calcolato come ci si deve comportare nel caso in cui venisse rieseguita nuovamente la verifica a fatica al termine della vita residua prevista.

                      • #15948 Rispondi | Quote
                        Giuseppe Camporeale

                          Buonasera
                          1) Per quale motivo per carroponti con portata superiore a 20 ton sono sconsigliate vie di corsa con travi a cassone;
                          2) Il motivo per cui i rinforzi trasversali delle anime delle travi non devono essere saldati con la flangia inferiore.

                          • #15978 Rispondi | Quote
                            b.cordova@ctanet.it
                            Amministratore del forum

                              RISPOSTA A DOMANDA #15948 – ING. GIUSEPPE CAMPOREALE

                              Rispondo alle sue due domande.

                              1) Forse la slide era poco chiara, in realtà si diceva che le vie di corsa a cassone sono abbastanza diffuse per carroponti di portata medio-bassa, sino a 20 t indicativamente. Ma questo non vuol dire che siano sconsigliate per carroponti di portata maggiore. Diversi produttori di carroponti offrono la fornitura anche delle vie di corsa, a trave o a cassone, per ogni portata. Fornire travi a cassone presuppone di essere attrezzati per eseguire in automatico le saldature delle anime del cassone, quindi la scelta tra le due tipologie è legata anche a considerazioni di costi.

                              2) In passato si preferiva non saldare gli irrigidimenti alle piattabande inferiori (tese), perché si riteneva che una saldatura trasversale ad un elemento in tensione peggiorasse la resistenza a fatica di quest’ultimo. In realtà attualmente i dettagli delle normative non distinguono tra saldatura dell’irrigidimento all’ala superiore e saldatura all’ala inferiore, quindi se si prolunga l’irrigidimento e lo si salda anche all’ala inferiore, non cambia nulla. Il dettaglio è stato mostrato per adesione a una antica prassi costruttiva, ed anche come pretesto per mostrare un altro caso di verifica a fatica, quello appunto del piatto di irrigidimento che si interrompe prima di raggiungere la piattabanda inferiore. In ogni caso, oltre ai problemi di calcolo, l’attenzione va richiamata sulla prescrizione di una accurata molatura delle zone terminali delle saldature per rimuovere eventuali incisioni presenti, al fine di aumentare la resistenza alla fatica.

                          • #16010 Rispondi | Quote
                            b.cordova@ctanet.it
                            Amministratore del forum

                              RISPOSTA A DOMANDA #15907 Ing. Ruggero Cavallini

                              Risponde l’ing. Alessandro Desimoni

                              La tematica è studiata a livello di ricerca, le normative in ambito europeo non pare forniscano al momento informazioni in merito. In alcuni documenti sulle passerelle pedonali viene detto di considerare la problematica (come nel documento JRC-ECCS “Design of Lightweight Footbridges for Human Induced Vibrations”), ma non vengono dati riferimenti su come affrontarla.

                              Alcune semplici indicazioni vengono fornite per solai di edifici sui quali vengono praticate attività di aerobica in un paragrafo delle norme Canadesi NBC 2005 (§22 dell’appendice D del commentario alla NBC 2005), richiamato anche al capitolo 5 della Steel Design Guide 11 delle AISC. Tali informazioni non appaiono, tuttavia, del tutto pertinenti al caso delle passerelle pedonali per le differenti tipologie di forzanti e di numero di cicli ad esse associati.

                              • #16015 Rispondi | Quote
                                RUGGERO CERVELLINI

                                  Grazie ingegnere.
                                  Cordiali saluti.
                                  Ruggero Cervellini

                              • #16011 Rispondi | Quote
                                b.cordova@ctanet.it
                                Amministratore del forum

                                  RISPOSTA ALLA DOMANDA #15910 Ing. Oberto Castelluccio

                                  Risponde l’ing. Alessandro Desimoni

                                  Nelle verifiche strutturali (comprese, quindi, quelle a fatica) relative alle azioni dovute al distacco dei vortici, occorre prendere in considerazione tutte le velocità critiche inferiori a v_m,l, come esplicitamente ricordato al §Q.1 delle CNR-DT 207 R1/2018 (nell’EN 1991-1-4, v_m,l è posta pari a 1.25 x v_m). Di conseguenza, vanno considerati tutti i modi di vibrazione trasversali con frequenza naturale nL,i che determinino velocità critiche v_cr,i inferiori a v_m,l.
                                  Le azioni statiche equivalenti per unità di lunghezza, atte a schematizzare l’effetto delle vibrazioni trasversali indotte dal distacco risonante dei vortici, sono da calcolarsi con riferimento a tutti gli i-esimi modi da considerare per il caso in studio. Tali forze sono proporzionali alla forma modale normalizzata dell’i-esimo modo; pertanto, è possibile che i modi superiori al primo sollecitino maggiormente dettagli strutturali posti in zone più alte del fusto della ciminiera.

                                  Per determinare i dettagli da sottoporre a verifica a fatica per distacco dei vortici è quindi opportuno individuare tutti i modi critici e calcolare le azioni statiche equivalenti a essi associate; si determinano, quindi, le escursioni di sollecitazione nelle sezioni di interesse e le relative escursioni di tensione con le quali condurre le verifiche nei dettagli.
                                  Nella determinazione del numero dei cicli di carico N, causati dalle oscillazioni dovute al distacco risonante dei vortici in un determinato dettaglio strutturale, è necessario sommare il numero dei cicli di carico N_i causati dal distacco risonante dei vortici sull’i-esimo modo di vibrazione (§Q.8 CNR 207 R1/2018).

                                  Si ricorda che la verifica a fatica, oltre che per effetto del distacco dei vortici, deve essere effettuata, quando significativa, anche con riferimento all’azione della turbolenza longitudinale. Metodologie di verifica semplificate e dettagliate sono riportate nell’Appendice P della CNR-DT 207 R1/2018.

                                  N.B.: per quanto concerne le azioni eoliche sulle strutture, unitamente all’EN 1991-1-4:2005, si suggerisce di fare sempre utile riferimento al documento CNR-DT 207 R1/2018 che, oltre a essere più recente e, su alcuni argomenti, dettagliato dell’Eurocodice 1 parte 1-4 (la cui seconda generazione è attesa nei prossimi 3 anni), riporta un capitolo con i fondamenti dell’ingegneria del vento e uno dedicato a esempi di calcolo svolti, utili per comprendere le procedure di calcolo da utilizzare per le più comuni casistiche (tra cui una ciminiera in cemento armato, una ciminiera metallica e un palo porta antenne).

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                              Rispondi a: WEBINAR: LA FATICA NELLE STRUTTURE IN ACCIAIO – 19 e 20 ottobre 2023
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