Benedetto CordovaRedazione di Costruzioni Metalliche

 

Sapete qual è la struttura in acciaio più alta d’Italia? E che, sino al 1965, è stata anche la struttura in acciaio più alta d’Europa?

Si tratta, ma ancora per poco, dell’antenna tralicciata e strallata, alta 286 m, facente parte del centro di radiodiffusione della RAI, attualmente non più in uso, costruito sulla collina di Sant’Anna a Caltanissetta.

Perché ancora per poco? Forse è in costruzione una struttura metallica di altezza maggiore? No, non per questo: ancora per poco perché l’antenna è in fase di demolizione.

La costruzione dell’antenna iniziò nel 1949 e il montaggio fu eseguito dalla CIFA (Compagnia Italiana Forme e Acciaio) di Milano. I progettisti furono gli ingegneri Sergio Bertolotti e Gino Castelnuovo. L’impianto di radiotrasmissione cui l’antenna apparteneva fu inaugurato il 18 novembre 1951.

L’antenna è un’asta tralicciata, di lunghezza di 286 m, incernierata alla base e con doppio ordine di stralli costituiti da 8 funi in acciaio che ancorano il traliccio, rispettivamente, 4 a quota 120 m e gli altri 4 a quota 231,5 m ed ancorati a terra in 4 punti mediante opportuni blocchi in calcestruzzo.

La sezione trasversale è quadrata con lato di circa 3,10 m. È stata costruita in tronchi di lunghezza di 7,6 m, assemblati mediante bullonatura. Il peso totale della struttura è di circa 118.000 kg.

L’impianto di Caltanissetta diffondeva le trasmissioni radiofoniche della RAI in onde medie, onde lunghe e onde corte (modulazione di ampiezza) nei paesi del Mediterraneo e del Nord Africa. Esso era l’unica infrastruttura italiana per le trasmissioni in onde lunghe.

Ma col passare degli anni la tecnologia delle radiotrasmissioni mutò e portò al progressivo abbandono della modulazione di ampiezza in favore della modulazione di frequenza.

Così nella prima metà del 2003 RAI Way, società del gruppo RAI che gestisce le infrastrutture RAI per le telecomunicazioni, spense le onde corte e il 9 agosto 2004 disattivò anche le onde lunghe. Invece la diffusione in onde medie dei programmi di Radio 1 proseguì almeno fino a settembre 2012.

L’amministrazione comunale di Caltanissetta si oppose all’ipotesi di smantellamento dell’impianto, e quindi dell’antenna, manifestata da RAI Way che, come detto, non utilizzava più l’infrastruttura. Il Comune giudicò l’antenna un simbolo distintivo della città, e manifestò l’intenzione di rilevarne la proprietà. Il 22 settembre 2012 il sito (antenne, parco, fabbricati, apparati) fu dichiarato bene di interesse culturale dal Servizio Soprintendenza di Caltanissetta dell’Assessorato Regionale Siciliano dei Beni Culturali e Ambientali.

L’anno dopo la giunta comunale deliberò l’acquisto dell’antenna, delle costruzioni annesse e dell’area circostante, con l’idea di valorizzare la collina di Sant’Anna, trasformandola in un parco aperto al pubblico e trasformando l’ex infrastruttura radiofonica in un museo.

Ma, sino al 2016, l’acquisto non era ancora stato perfezionato.

Il 10 aprile 2017 il Consiglio Comunale accolse la variante al piano regolatore, precedentemente deliberata dall’Assessorato Regionale al Territorio e dell’Ambiente, che stabiliva che la collina di San’Anna, l’antenna RAI e le sue pertinenze erano vincolati a parco territoriale agricolo, etno ed antropologico, con espresso divieto di alterarne il patrimonio edilizio.

Ma successivamente RAI Way fece presente che l’antenna era gravemente ammalorata e quindi pericolosa per la pubblica incolumità. Perciò il vincolo a parco territoriale fu sospeso e RAI Way appaltò la demolizione dell’antenna che dovrebbe avvenire proprio in questi giorni.

Perché demolire una struttura che, benché non più in uso, detiene ancora il record della struttura in acciaio più alta del Paese e ha rappresentato e rappresenta il simbolo della città di Caltanissetta? Certamente la manutenzione di una antenna tralicciata di questa altezza (cioè sostanzialmente la sua riverniciatura totale e periodica, come avviene per strutture altamente iconiche come la Tour Eiffel o il Golden Gate Bridge) è una operazione di costo notevole, e nessuno può pretendere che un’azienda come RAI Way debba affrontare questa spesa per una struttura non più utilizzata.

In assenza quindi di un altro soggetto, magari pubblico, che voglia farsi carico del problema, la demolizione dell’opera appare purtroppo una soluzione inevitabile.